h 3:40
Tempo di Percorrenza
12,50 Km
Lunghezza Percorso
680 mt
Dislivello
Continua su Spotorno la nostra scoperta del territorio FOR approfittando anche in questa occasione, come è successo in precedenza a Toirano, di una visita in autonomia in grotta.
Il nome della cavità è già di per sè un programma: la nostra meta si chiama Grotta del Mortou o Tana del Morto, allegro no?
Il suo ingresso si apre a poca distanza da dove abbiamo lasciato l'auto e questo permette anche la possibilità di visitarla senza dover scarpinare molto.
Il tratto per raggiungerla è davvero breve e privo di difficoltà, basta seguire il nostro tracciato .gpx tra fasce di ulivi e bassa vegetazione. Una volta raggiunto il varco nel fianco destro del versante Sud del Colle del Trevo, troviamo alcuni gradini artificiali che ci indicano la via da seguire. Siccome sono previdente immaginavo già di trovare tracce di bivaccamenti vari nei pressi del sito perciò estraggo veloce dallo zaino un sacchetto per la spazzatura; in poco tempo ripuliamo da vetri e plastiche la prima camera, l'unica ad essere invasa da immondizie a dire il vero. Lo sviluppo totale della grotta è di circa 150 metri disposti in due/tre sale, ognuna con un'altezza che varia dai 5/6 metri dell'ultima sala, ai 10/15 della prima. Nonostante gli spazi siano molto ampi, sanno regalarci la sensazione di venire inghiottiti dalla terra, man mano che procediamo verso l'oscurità.
Il grande salone principale, il più largo ed alto della successione, ospita alcuni enormi blocchi crollati dalla volta, che impongono di proseguire oltre mantenendo la nostra destra. La sala successiva è caratterizzata da una grossa stalagmite monca, probabilmente vittima della frequentazione del luogo; effettivamente la Grotta del Mortou è citata in parecchie testimonianze dove è confermato fosse un riparo dai bombardamenti avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale e nel 1944, in particolare, offrì riparo a quasi 300 spotornesi.
La roccia che ci inghiotte a poco a poco assume miriadi di gradazioni di colore grigio provenienti dalla Formazione delle Dolmie di San Pietro dei Monti.
Il soffitto della seconda sala, buia e polverosa, è caratterizzato dalla presenza di stalattiti di piccole dimensioni e da colate concrezionali; torcia alla mano risaliamo un collinetta di fango e, abbassando la testa, ci dirigiamo alla terza ed ultima sala, Vale davanti impavida ed io dietro con la luce necessaria.
Qui le colate calcaree si presentano di un colore grigio tenue dando persino l'idea di brillare se colpite con i raggi di luce provenienti dalle torce a led.
La nostra visita a questo sito è breve e ci prestiamo ad iniziare la nostra trekkinata, uscendo esattamente da dove siamo entrati.
Tramite il viottolo lastricato percorso all'andata per arrivare sino a qui, ci dirigiamo presso i ruderi del castello di Spotorno, edificato attorno al 1200 e annoverato tra le proprietà della diocesi savonese. Riedificato nelle forme quadrangolari attuali, tra il XIV e il XVI secolo divenne proprietà della casata dei De Loterio che ne mantennero il possesso fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Purtroppo ci è impossibile visitarlo e proseguiamo oltre, percorrendo una deliziosa e caratteristica creuza - in via Superiore al Castello - prima, e vico Canin poi. Accompagnati dal gracidio di alcune ranocchie, oltrepassiamo la ferrovia e ci apprestiamo a percorrere una stretta viuzza che si inerpica tra orti e pollai fino a raggiungere una biforcazione presso via alla Rocca.Superiamo un quartiere residenziale collinare, l'asfalto è sempre meno presente e ben presto ci troviamo all'imbocco di una sterrata.
Il sentiero che percorriamo per un breve tratto e che taglia in due le località Mortou e Crovetto, segue fedelmente un tracciato rimodellato per la percorrenza in bici, chiamato "La Rete". Alla nostra destra c'è anche la possibilità di seguire una variante che porta sulla sella del Bric Due Strade (226m), ma che noi evitiamo per questioni legate alla tempistica a nostra disposizione.
Il bosco che esploriamo, facente parte del SIC Rocca dei Corvi - Monte Mao - Mortou, è stato interessato nel tempo da una lenta rinaturalizzazione per merito della dismissione di alcune cave che ne ha permesso uno sviluppo davvero notevole.
Il vallone meridionale del Bric Due Strade è caratterizzato da vegetazione a basso fusto e dai colori sgargianti. Improvvisamente ci ricordiamo che qualche anno fa questa zona è stata colpita da un incendio di notevole impatto, le cui fiamme lambivano addirittura le corsie dell'autostrada, questo spiega la presenza di vegetazione tanto giovane.
Stiamo indubbiamente percorrendo uno dei trail tracciati apposta per far divertire gli appassionati di down hill, le curve sono accompagnate da pendenze artificiali e lo sterrato polveroso è di color aranciato.
Trascorsi più o meno un paio di chilometri dalla partenza, non appena raggiungiamo un pianoro dove svettano tralicci dell'alta tensione, ci si pone dinnanzi un bivio che ricalca sommariamente due importanti snodi: la carrareccia Tosse-Vado e quella che porta alla sommità del Bric Colombino (453m).
Manteniamo la destra e superiamo una cascina dal colore arancione acceso, Cascina Trevo per l'esattezza, con una piscina a sfioro e una vista mozzafiato; il suo parco delimitato da recinzione ospita un paio di cavalli intenti a brucare il fieno da un portaballotte installato ad hoc.
Oltrepassata la zona che ne circoscrive la proprietà, eccoci nuovamente davanti ad una deviazione, un trivio per l'esattezza: immediatamente alla nostra sinistra un sentiero con forte dislivello ci potrebbe portare a quota 450 mt slm per collegarsi con quello diretto al Colombino, ignorato in precedenza; alla nostra destra invece, vi è la possibilità di accorciare il nostro itinerario per tornare al punto iniziale o raggiungere la vetta del Monte Mao (consigliata per avere una panoramica a 360° su tutto il Golfo dell'Isola) oppure la via che prendiamo noi, la Strada Bassa del Colombino, che ci dà l'opportunità di raggiungere Sant'Ermete, frazione di Vado Ligure, nostro giro di boa.
Attraversiamo la zona detta "Cantalupo" per raggiungere la provinciale Via Elvio Pertinace, alle porte di Sant'Ermete.
Il cuore della frazioncina si estende attorno alla cappella romanica eletta a parrocchiale, risalente al 1050, è considerata dagli storici una dei più interessanti esempi di architettura romanica religiosa di tutta l’area del savonese. Un crollo del soffitto avvenuto nel 2007 ne precluse l'agibilità fino alla sua riapertura nel 2015, resa possibile grazie ad un importante restauro ad opera della Curia Vescovile e dal comune di Vado Ligure. Da una serie di scavi che interessarono il sito, emersero alcuni reperti romani databili attorno all'anno 193 che, non si sa come, vennero collegati all'imperatore romano Publio Elvio Pertinace. Teorie verosimilmente infondate, ulteriormente alimentate da leggende locali, identificano l'imperatore romano nel busto marmoreo collocato nei pressi della facciata.
Più recente fu invece la storia che riguardò lo sviluppo economico dell'area compresa tra Sant'Ermete e San Genesio (più a valle) che ospitò, nell'alto medioevo, una fiorente attività incentrata sulla produzione della calce, tramite alcune fornaci. Delle poche rimaste la fornace meglio conservata oggi è stata riadattata a ristorante!
E' proprio accanto a "Carlo in Fornace" che dobbiamo passare per continuare la nostra camminata, dirigendoci verso il ponte dell'autostrada.
Siamo sinceri, la zona non è certo la più bella dell'itinerario proposto ed è proprio per questo che cerchiamo di superarla più velocemente possibile oltrepassando un cavalcavia e alcune casupole che non hanno certo una vista invidiabile.
La salita del ritorno avviene mediante un sentiero non segnato e quasi in disuso, ma percorribile, proprio ai piedi del Bric Fornaci. Da qui in poi costeggeremo dall'alto l'area estrattiva della Cava Trevo di Vado Ligure, che occupa una superficie di circa 150 mila metri quadrati, di cui circa 80 mila ancora da sfruttare a fini estrattivi. Sono circa 950 mila i metri cubi che rappresentano la capacità residua della cava, dove si potranno produrre blocchi utili per la realizzazione di scogliere, pietrischi per ghiaia e alcune produzioni minori di sabbie.
Senza ombra di dubbio un panorama insolito e davvero chiassoso per i nostri gusti, ma anche questo fa parte della varietà paesaggistica che il nostro territorio può offrire.
Anche i profumi, in questo frangente, sono confusi; a farne da padrone sono le polveri miste ad un qualcosa che ricorda vagamente un arbre magique allo stremo delle sue forze!
Tralasciato quest'apostrofo aromatico del tutto esperienziale, oltrepassati un paio di tornanti, usciamo dal rombo delle motrici all'opera e incontriamo per l'ultima volta la via principale che conduce al Monte Mao. La vista da qui torna a regalare emozioni; seppur non raggiungendo la vetta, possiamo ammirare Spotorno dall'alto con il Monte di Capo Noli sullo sfondo. Da qui ne riguadagna l'olfatto, inspiriamo a pieni polmoni profumo di ginestre e cisti in fiore, che ci accompagnerà per un buonissimo tratto in discesa.
Alle nostre spalle torna a spiccare l'arancio di Cascina Trevo e i chilometri che ci separano dalla conclusione del pomeriggio si riducono velocemente; tornano gli ulivi e le fasce, mentre ai bordi del selciato ecco i primi ciuffi in fiore di Euphorbia arborea.
La particolarità di questa pianta estivante è rappresentata dal suo ciclo vegetativo invertito: si tratta di una specie che considera la stagione più difficile quella arida estiva e nella quale si ritira in letargo, memore forse dalle sue origini africane e che trova in Liguria il suo limite settentrionale di distribuzione. Percorriamo una lunga rampa cementizia in forte pendenza e raggiungiamo così nuovamente la zona boschiva di Ricetta, per ritrovarci nei pressi del castello di Spotorno prima e all'auto poi.
Our discovery of the FOR territory continues in Spotorno, taking advantage on this occasion, as we did previously in Toirano, of an independent visit to a cave.
The name of the cavity is a programme in itself: our destination is called Grotta del Mortou or Tana del Morto, cheerful isn't it?
Its entrance is just a short distance from where we left the car and this also allows the possibility of visiting it without having to do much walking.
The stretch to reach it is really short and free of difficulty, just follow our .gpx track between strips of olive trees and low vegetation. Once we reach the gap in the right-hand side of the southern slope of the Colle del Trevo, we find some artificial steps that show us the way. Since I am farsighted, I already imagined finding traces of various bivouacs in the vicinity of the site, so I quickly pull a rubbish bag out of my rucksack; in no time at all we clean the first chamber of glass and plastic, the only one to be invaded by rubbish. The total length of the cave is about 150 metres arranged in two/three rooms, each with a height ranging from 5/6 metres in the last room to 10/15 metres in the first. Although the spaces are very large, they give us the sensation of being swallowed up by the earth as we proceed into the darkness.
The large main hall, the widest and tallest in the succession, contains some huge blocks collapsed from the vault, forcing us to continue further, keeping to our right. The next room is characterised by a large stalagmite, probably a victim of the frequentation of the place; indeed, Grotta del Mortou is mentioned in several testimonies where it is confirmed that it was a shelter from the bombardments that occurred during the Second World War and in 1944, in particular, it offered shelter to almost 300 Spotornese.
The rock that gradually engulfs us takes on myriad shades of grey from the Dolmie Formation of San Pietro dei Monti.
The ceiling of the second room, dark and dusty, is characterised by the presence of small stalactites and concretionary flows; torch in hand, we climb up a mound of mud and, lowering our heads, head for the third and final room, Vale in front fearlessly and me behind with the necessary light.
Here, the limestone flows are a soft grey colour, even giving the idea of shining when hit with the rays of light from the LED torches.
Our visit to this site is brief and we start our trek, leaving exactly the way we came in.
Via the paved lane travelled on the way here, we head for the ruins of Spotorno Castle, built around 1200 and counted among the properties of the Savona diocese. Rebuilt in its present quadrangular form, between the 14th and 16th centuries it became the property of the De Loterio family, who retained possession until the outbreak of the First World War. Unfortunately, it is impossible for us to visit it, so we continue further along a delightful and characteristic creuza - via Superiore al Castello - first, and then vico Canin. Accompanied by the croaking of a few frogs, we cross the railway line and take a narrow alley that climbs up between vegetable gardens and chicken coops until we reach a fork near Via alla Rocca. We pass a hilly residential area, the asphalt is less and less present, and soon we find ourselves at the entrance to a dirt road.
The path, which we follow for a short distance and which bisects the localities of Mortou and Crovetto, faithfully follows a track remodelled for cycling, called 'La Rete'. To our right there is also the possibility of following a variant that leads to the saddle of Bric Due Strade (226m), but which we avoid due to time constraints.
The forest we explore, which is part of the Rocca dei Corvi - Monte Mao - Mortou SCI, has over time undergone a slow re-naturalisation due to the dismantling of some quarries, which has allowed it to develop to a truly remarkable extent.
The southern valley of Bric Due Strade is characterised by low-trunk vegetation and bright colours. Suddenly we remember that a few years ago this area was hit by a major fire, whose flames even licked the lanes of the motorway, which explains the presence of such young vegetation.
We are undoubtedly on one of the trails specially laid out for the enjoyment of downhill enthusiasts, the curves are accompanied by artificial gradients and the dusty dirt is orange.
After more or less a couple of kilometres from the start, as soon as we reach a plateau where high-tension pylons stand out, we come to a junction that roughly traces two important junctions: the Tosse-Vado cartroad and the one leading to the summit of Bric Colombino (453m).
We keep to the right and pass a bright orange-coloured farmstead, Cascina Trevo to be exact, with an infinity pool and a breathtaking view; its park bordered by a fence is home to a couple of horses intent on grazing hay from a specially installed hay rack.
Beyond the area that circumscribes the property, here we are again in front of a diversion, a crossroads to be exact: Immediately to our left, a path with a considerable difference in height could take us to an altitude of 450 metres above sea level to connect with the path leading to Colombino, ignored earlier; to our right, on the other hand, there is the possibility of shortening our itinerary to return to the initial point or to reach the summit of Monte Mao (recommended for a 360° view of the entire Gulf of the Island) or the route we take, the Strada Bassa del Colombino, which gives us the opportunity to reach Sant'Ermete, a hamlet of Vado Ligure, our turning point.
We cross the area known as 'Cantalupo' to reach the provincial road Via Elvio Pertinace, just outside Sant'Ermete.
The heart of the hamlet extends around the Romanesque chapel elected as parish church, dating back to 1050, and is considered by historians to be one of the most interesting examples of Romanesque religious architecture in the entire Savona area. A ceiling collapse in 2007 precluded its use until its reopening in 2015, made possible thanks to a major restoration by the Bishop's Curia and the municipality of Vado Ligure. A series of excavations on the site brought to light some Roman artefacts dating back to around the year 193, which, no one knows how, were linked to the Roman emperor Publius Elvius Pertinace. Probably unfounded theories, further fuelled by local legends, identified the Roman emperor in the marble bust located near the façade.
More recent, however, was the history of the economic development of the area between Sant'Ermete and San Genesio (further down the valley), which in the early Middle Ages hosted a flourishing activity centred on the production of lime, through a number of kilns. Of the few that remain, the best-preserved furnace has now been converted into a restaurant!
It is right next to 'Carlo in Fornace' that we have to pass to continue our walk, heading towards the motorway bridge.
Let's be honest, the area is certainly not the most beautiful on the proposed itinerary and that is precisely why we try to get over it as quickly as possible, passing an overpass and some hovels that certainly do not have an enviable view.
The return ascent is via an unmarked and almost disused, but practicable, path right at the foot of Bric Fornaci. From here on, we will skirt the quarrying area of the Trevo Quarry in Vado Ligure from above, which occupies an area of about 150 thousand square metres, of which about 80 thousand have yet to be exploited for mining purposes. Approximately 950 thousand cubic metres represent the quarry's residual capacity, where blocks useful for building reefs, gravel rubble and some minor sand production can be produced.
Undoubtedly an unusual and very noisy sight for our tastes, but this too is part of the landscape variety that our area has to offer.
Even the scents, at this juncture, are confusing; what dominates are the powders mixed with something vaguely reminiscent of an arbre magique at the end of its strength!
Leaving aside this entirely experiential aromatic apostrophe, after a couple of hairpin bends, we emerge from the roar of the engines at work and meet the main road leading to Mount Mao for the last time. The view from here is once again thrilling; although we do not reach the summit, we can admire Spotorno from above with Monte di Capo Noli in the background. From here the sense of smell returns, we inhale at full lungs the scent of broom and flowering cysts, which will accompany us for a good stretch on the descent.
Behind us, the orange trees of Cascina Trevo once again stand out, and the kilometres that separate us from the end of the afternoon quickly diminish; the olive trees and strips of land return, while at the edge of the pavement are the first flowering clumps of Euphorbia arborea.
The peculiarity of this summering plant is its inverted vegetative cycle: it is a species that considers its most difficult season to be the dry summer season and in which it retreats into hibernation, mindful perhaps of its African origins and which finds its northern limit of distribution in Liguria. We walk along a long, steeply sloping concrete ramp and thus once again reach the wooded area of Ricetta, to find ourselves first near the castle of Spotorno and then at the car.