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h 3:00

Tempo di Percorrenza

6,80 Km

Lunghezza Percorso

250 mt

Dislivello

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Quest'oggi ci siamo superati! Valentina, reduce dalla prima lezione di arrampicata con le Guide del Finale, si inventa di portarmi a trekkinare nel Canyon di Orco.
Che ci fosse un canyon per me era una novità e decido di fidarmi.
Voi non fatelo; dico davvero, se doveste mai incontrare la Vale e vi proponesse qualcosa di improvvisato al momento, prima documentatevi a dovere, poi scegliete (consapevolmente) di seguirla.
Di solito la mente che prepara gli itinerari sono io, app alla mano e consultata qualche cartina vecchio stile, preparo con cura il percorso che seguiremo nella nostra uscita. La Vale, invece, va per "sentito dire" o peggio "a sentimento" ed è così che, o troviamo itinerari fantastici oppure brancoliamo nel buio di boschi e rovi.
Partiamo dal parcheggio del Base Camp Cucco, proprio sopra l'omonimo campeggio nelle alture di Orco per ritrovarci immediatamente ai piedi di un enorme falesia, quella del Monte Cucco appunto che, data la numerosità delle vie di arrampicata, è patria indiscussa dei climbers provenienti da tutto il mondo.
Lasciata l'auto cominciamo ad addentrarci lungo un sentiero, fortemente in salita, marcato con un bollino bianco a fondo nero riportante la lettera C (Canyon); tutta questa zona è caratterizzata dalla classica pietra calcarea del finale, alla vista molto suggestiva.
Arrivati alla presunta (da noi) sommità del Canyon eccola lì la fregatura! Da qui in poi bisognerà proseguire per un tratto, anche impegnativo per un imbranato come me, con delle corde; fortunatamente Vale si è portata con se un paio di moschettoni per assicurarci con cura affrontando la risalita. Dirvi di fare molta attenzione se siete dei panda come me è essenziale.
La parete da scalare è assicurata con un paio di corde fisse, la prima delle due è di modesta lunghezza e corre lungo una piccola inclinatura con molte insenature dove potersi aggrappare o appoggiare la punta del piede, arrivati ad un minuscolo pianoro, parte la seconda cordata, molto più lunga ed impegnativa della precedente, che si affianca ad una terza per lo strappo finale.
Raggiungiamo, non senza qualche difficoltà, l'imboccatura della meravigliosa gola del Canyon e vi lasciamo immaginare la bellezza del luogo. Vedere il cielo da questa prospettiva, stretto dalla morsa della roccia, ci fa sentire protagonisti di chissà quale film di Indiana Jones. Il tragitto nella gola non è molto lungo, ma ce lo gustiamo tutto; percorrendolo sino alla fine raggiungiamo la Grotta del Diedro Rosso dalla quale si può godere di uno stupendo panorama. La grotta si affaccia sulla Placca del Polpaccio che presenta numerose vie di scalata esterne, vista "Campanile", altra famosa parete chiodata. Effettuate le foto necessarie che useremo nella pagina online relativa al percorso, facciamo dietro front e, proprio davanti a noi, si palesano altre corde che ci porteranno fuori dalla gola.
La parete non è molto ripida, un po liscia a dire il vero, ma riusciamo a raggiungere la cima sentendoci un pochino Nirmal ‘Nims’ Purja.
Da qui in poi avanziamo seguendo la traccia sul gps visto che nessun segno è presente sul percorso; costeggiamo buona parte della cresta del Monte Cucco nella zona della Parete centrale, addentrandoci di tanto in tanto nel bosco. Tra la boscaglia, rimirando il bel panorama su Feglino, scorgiamo un costone di roccia distaccato dalla falesia principale, lo noterete subito, si tratta della "Torre" sulla quale impera la statuina del Gesù del Monte Cucco. Riprendiamo quota dirigendoci verso l'indicazione "La Taverna" incontrando un incrocio; sulla sinistra raggiungibile in brevissimo tempo, un punto panoramico comodo e pianeggiante sovrasta la falesia del "Settore della Caverna".
Torniamo al bivio per proseguire dritti per circa 350 metri, fino a raggiungere un altro incrocio, presso il quale manterremo la nostra destra. Il percorso si fa via via più fitto nel bosco, attraversando la macchia mediterranea più comune, fino a raggiungere uno strano pianoro lastricato.
Nel dialetto locale queste lastre di pietra vengono chiamate "Ciappe" e da qui deriva la prima parte del nome del luogo, ovvero Ciappo delle Conche. Per ricondurlo a Conche invece, dobbiamo fare un balzo indietro nel tempo di almeno 3000 anni, durante l'età del ferro.
Il Ciappo delle Conche è appunto una lastra di calcare poroso di pietra del Finale databile all’età oligo-miocenica (28-11 milioni di anni fa circa), dove sono identificabili numerose incisioni rupestri. Le più evidenti sono le conche e le coppelle, ovvero piccole vasche per la raccolta delle acque (scavate nella roccia dall'uomo preistorico) collegate tra loro da rudimentali sistemi di canalette, utilizzate in tempi antichi per abbeverare gli animali ed attirare prede per la caccia.
Ci documentiamo meglio sul sito del Museo Diffuso Del Finale dove la descrizione del sito non esclude anche una funzione rituale del luogo, considerata la massiccia frequentazione delle tribù della zona.
Tra i vari segni riconoscibili vi sono anche incisioni figurative più recenti: troviamo delle croci, raffigurazioni umane stilizzate, e altre figure tipo un trenino, una barca a vela e un fiore.
E' questo il momento giusto per provare il nostro nuovo giocattolino che ci seguirà anche nelle prossime avventure, un piccolo drone che darà vita a qualche scatto insolito, per arricchire il nostro palmares.
Proseguiamo diritti superando per intero il Ciappo, facendo attenzione a non calpestare le incisioni perchè se è pur vero che sono li da migliaia di anni, è sempre meglio non andare a consumarle ulteriormente passandoci sopra. A questo punto un'evidente deviazione sulla destra ci condurrà al riparo dei buoi o "del trono", un anfratto sotto-roccia che ricorda un teatro. In questo posto sono ben visibili degli incavi che originariamente erano utilizzati per disporci dei pali a sostegno di una copertura. Scavate nella roccia troviamo, oltre ad altre incisioni, anche alcune nicchie, tre sedili e numerose vaschette. Ci rimettiamo in marcia di buona lena e ritorniamo sul percorso principale; questa era la via di collegamento principale tra il paese di Orco e il mare di Finale Ligure, una riserva di legname molto importante e crocevia per raggiungere le alture di San Bernardino.
Alcuni rombi rossi ci guidano verso il prossimo waypoint della giornata, un altro Ciappo, ovvero quello dei Ceci.
Passando dal Monte Cucco al Bric Spaventaggi, il Ciappo dei Ceci come il Ciappo delle Conche, è anch'esso formato da una lastra di calcare poroso di circa 300mq. Questo sito è stato diviso in due complessi distinti ma vicini, denominati A e B. Meno articolata della precedente, la superficie della zona A riporta solo alcune incisioni cruciformi e un paio di sistemi di canalette colleganti vaschette e conche di piccole dimensioni. L’area B, raggiungibile percorrendo un sentiero ad innesto alla nostra destra, è ancora più piccola e conserva una vaschetta con tre canalette disposte a V, il sito è denominato Ciappo Panarella.
Questo è l'ultimo luogo riportante incisioni rupestri che incontreremo lungo il percorso.
Il sentiero, sinuoso e mai troppo impervio, prosegue lungo il lecceto ombroso attorniato da continue formazioni calcaree e piccoli arbusti.
Ad un certo punto ad attirare la nostra attenzione è un piccolo alberello tutto adorno di palline di Natale; è questo il segnale di riconoscimento per individuare, tra le scanalature della roccia, un piccolo presepe itinerante, sistemato a puntino, con la grotta di Betlemme in un angolo e tutti i pastorelli intenti a rendere omaggio al Bambinello sul lato opposto.
Curioso ed insolito si presta molto bene ad essere fotografato.
Andiamo oltre e raggiungiamo la zona denominata Casa del Vacchè, giriamo alla nostra sinistra seguendo la sola traccia del selciato boscoso, priva di segnaletica, sino ad arrivare alla radura di Valunga che precede di poco l'agglomerato di falesie più frequentato del Finalese.
E' questo il regno dell'arrampicata, la Val Cornei, che prende il nome dalla più conosciuta Rocca. In rapida successione, attraversata la Gola dei Briganti, ecco la falesia del Ragno, del Delfino, del Gufo, della Formica rivolte verso Nord-Ovest, mentre a Nord-Est ecco la falesia dell'Orso, Camelot I e II, Bangladesh, del Guru, della Tranquillità e la falesia dell'Eco, tutte svettanti al di sopra del Rio Cornei.
Ci vorranno 20 minuti per attraversare questo luogo (mi viene da chiamarlo regno di Camelot ma soprassiedo) fino a trovare l'imbocco della carrareccia nei pressi di un casale con orto. Un divieto di accesso posto sul percorso ci impone di compiere una piccola deviazione sulle alture, passando da uno spiazzo dedicato allo stoccaggio di legna che, in ogni caso, ci riporterà all'auto passando per il Bar Dall'Orco, meta fissa per chi si concede al fascino delle scalate in zona, dotato anche di camere e ristoro. In 5 minuti ulteriori eccoci nuovamente al Base Camp.

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Today we outdid ourselves! Valentina, fresh from her first climbing lesson with the Guide del Finale, came up with the idea of taking me trekking in the Orco Canyon.
That there was a canyon was news to me and I decided to trust her.
You don't; I mean it, if you ever meet the Vale and she proposes something improvised on the spot, first do your research properly, then choose (consciously) to follow her.
Usually the mind that prepares the itineraries is me, app in hand and having consulted some old-fashioned maps, I carefully prepare the route that we will follow on our outing. The Vale, on the other hand, goes by "hearsay" or worse "by feeling" and so it is that either we find fantastic itineraries or we grope in the dark in the woods and brambles.
We set off from the car park at Base Camp Cucco, just above the campsite of the same name in the heights of Orco, to find ourselves immediately at the foot of an enormous cliff, that of Monte Cucco, which, given the number of climbing routes, is the undisputed home of climbers from all over the world.
Having left the car, we begin to make our way along a path, steeply uphill, marked with a white sticker with a black background bearing the letter C (Canyon); this entire area is characterised by the classic limestone of the finish, which is very striking to the eye.
Having arrived at the supposed (by us) summit of the Canyon, there it is! From here on it was necessary to continue for a stretch, which for a clumsy person like me was also challenging, with ropes; fortunately Vale had brought a pair of carabiners with her so that we could carefully belay ourselves on the ascent. Telling you to be very careful if you are a panda like me is essential.
The wall to be climbed is secured with a pair of fixed ropes, the first of the two is of modest length and runs along a small slope with many inlets where you can hold on or rest your toe. Having arrived at a tiny plateau, the second rope starts, much longer and more demanding than the previous one, which is joined by a third for the final climb.
We reach, not without some difficulty, the mouth of the marvellous Canyon gorge and let you imagine the beauty of the place. Seeing the sky from this perspective, squeezed by the grip of the rock, makes us feel like protagonists in who knows what Indiana Jones movie. The walk through the gorge is not very long, but we enjoy it all the way. We walk all the way to the end and reach the Red Dihedral Cave, from where we can enjoy a wonderful panorama. The cave overlooks the Placca del Polpaccio, which has numerous external climbing routes, with a view of "Campanile", another famous bolted wall. Having taken the necessary photos that we will use on the online route page, we turn around and, right in front of us, more ropes appear that will take us out of the gorge.
The wall is not very steep, a little smooth to be honest, but we manage to reach the top feeling a little Nirmal 'Nims' Purja.
From here on, we advance following the track on the GPS, since there are no signs on the route; we skirt a good part of the Monte Cucco ridge in the area of the Central Wall, occasionally entering the woods. Amidst the thicket, gazing at the beautiful view of Feglino, we spot a rocky ridge detached from the main cliff; you will notice it immediately, it is the "Tower" on which the Monte Cucco Jesus statue reigns. We pick up our altitude again, heading towards the signpost "La Taverna", encountering a crossroads; on the left, which can be reached in a very short time, a comfortable and level vantage point overlooks the crag of the "Settore della Caverna".
We return to the crossroads and continue straight on for about 350 metres until we reach another crossroads, at which we keep to the right. The path becomes denser and denser in the forest, passing through the most common Mediterranean scrub, until we reach a strange paved plateau.
In the local dialect, these stone slabs are called 'Ciappe' and this is where the first part of the place name comes from, namely Ciappo delle Conche. To trace it back to Conche, however, we have to leap back in time at least 3000 years, during the Iron Age.
The Ciappo delle Conche is in fact a slab of porous limestone from the Finale dated to the Oligo-Miocene period (around 28-11 million years ago), where numerous rock engravings can be identified. The most evident are the conche and coppelle, or small water collection basins (dug into the rock by prehistoric man) connected by rudimentary gully systems, used in ancient times to water animals and attract prey for hunting.
We read more about it on the Museo Diffuso Del Finale website, where the description of the site does not exclude a ritual function of the place, considering the massive attendance of tribes in the area.
Among the various recognisable signs, there are also more recent figurative engravings: we find crosses, stylised human representations, and other figures such as a train, a sailboat and a flower.
This is the right time to try out our new toy that will also follow us on our next adventures, a small drone that will create some unusual shots to enrich our palmares.
We continue straight on, passing the Ciappo in its entirety, taking care not to step on the engravings, because although it is true that they have been there for thousands of years, it is always better not to wear them out further by passing over them. At this point an obvious diversions to the right will lead us to the shelter of the oxen or 'del trono', an under-rock ravine reminiscent of a theatre. Recesses are clearly visible in this place, which were originally used to place poles to support a roof. Excavated in the rock, we find, in addition to other engravings, some niches, three seats and numerous basins. We set off again at a good pace and return to the main route; this was the main link between the village of Orco and the sea at Finale Ligure, a very important timber reserve and crossroads for reaching the heights of San Bernardino.
Some red rhombuses guide us towards the next waypoint of the day, another Ciappo, that of the Ceci.
Passing from Monte Cucco to Bric Spaventaggi, the Ciappo dei Ceci, like the Ciappo delle Conche, is also formed by a slab of porous limestone of about 300 square metres. This site has been divided into two separate but neighbouring complexes, named A and B. Less articulated than the previous one, the surface of area A shows only a few cruciform incisions and a couple of channel systems connecting small basins and hollows. Area B, which can be reached by following a junction path to our right, is even smaller and preserves a small basin with three gullies arranged in a V shape; the site is called Ciappo Panarella.
This is the last site with rock engravings that we will encounter along the way.
The path, winding and never too steep, continues along the shady holm oak wood surrounded by continuous limestone formations and small shrubs.
At a certain point, a small tree adorned with Christmas balls attracts our attention; this is the recognition signal to identify, between the grooves of the rock, a small travelling nativity scene, set up in a spot, with the Bethlehem grotto in one corner and all the shepherd children intent on paying homage to the Child on the opposite side.
Curious and unusual, it lends itself very well to being photographed.
We go further on and reach the area known as Casa del Vacchè. We turn to our left, following the only trace of the wooded pavement, with no signposts, until we reach the Valunga clearing, which is just ahead of the Finalese's most popular cluster of crags.
This is the realm of climbing, the Val Cornei, which takes its name from the better known Rocca. In quick succession, having crossed the Gola dei Briganti, here are the Ragno, Delfino, Gufo and Formica crags facing north-west, while to the north-east are the Bear, Camelot I and II, Bangladesh, Guru, Tranquillity and Echo crags, all soaring above the Rio Cornei.
It will take us 20 minutes to cross this place (I feel like calling it the kingdom of Camelot but I'll pass) until we find the entrance to the cart track near a farmhouse with a vegetable garden. A no-entry sign placed on the path obliges us to make a small diversions on the heights, passing by a clearing dedicated to the storage of wood, which, in any case, will take us back to the car via the Bar Dall'Orco, a fixed destination for those who indulge in the fascination of climbing in the area, which also has rooms and refreshments. In a further five minutes, we are back at Base Camp.

Gallery percorso

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