h 2:18
Tempo di Percorrenza
8,10 Km
Lunghezza Percorso
190 mt
Dislivello
Famoso soprattutto per la rappresentazione vivente del classico presepe nelle giornate del 22 - 23 - 24 dicembre di ogni anno, oggi vi portiamo a Roccavignale, un piccolo comune dell’Alta Val Bormida, dove peculiarità inaspettate ci attendono lungo tutto il percorso.
Decidiamo di spingerci fin quassù in una giornata limpida e molto soleggiata proprio per poterci godere appieno il panorama, soprattutto da un punto strategico che poi vi andremo a raccontare nel dettaglio.
Lasciata l’auto nei pressi della casa comunale, in frazione Valzemola, ci fermiamo subito allo “Snake bar” per fare colazione e per acquistare un passaporto non proprio convenzionale, ovvero quello del Community Project Big Bench.
La trekkinata inizia su asfalto, in ripida ascesa, tra case e alcuni piccoli orti, per poi trasformarsi in una piacevole carrareccia incastonata tra bellissimi e verdeggianti prati. Cataste di legna fresca disposte lungo la prima tratta regalano un profumo davvero piacevole e armonizzano le lunghe distese prative occupate per lo più da pecore e mucche intente a brucare l'erba.
Dopo un quarto d’ora di cammino ci troviamo in località Vignali, nel cuore della Bormida di Millesimo, ed incrociamo un primo bivio sulla sinistra che ignoreremo totalmente, per addentrarci in un boschetto di giovani castagni.
Tenendo sempre la nostra destra oltrepassiamo un vecchio seccatoio in disuso ormai da tempo e ci dilunghiamo in piano su un nuovo pianoro panoramico con vista sui poco distanti Bric Castellaro (737 mt slm) e San Bernardino (771 mt slm) che delimitano a nord ovest le province di Savona e di Cuneo.
Dalla località Vignali passiamo nella zona chiamata Sotto Le Rocche nella quale uno speciale vigneto autoctono ha trovato nuova vita.
Come dicevamo poc’anzi, la località Sotto Le Rocche unita alla località Vignali, con ogni probabilità, diede origine al toponimo Rocca Vineale -con tanti vigneti- di cui si fa menzione in un diploma imperiale datato attorno all’anno Mille.
Facendo quindi fede al toponimo originale, da un’idea di quattro amici, nasce nel 2015 la Società Agricola RoccaVinealis, con l’intento primario di riportare in questa zona la fiorente attività della viticoltura.
All’ambizioso progetto partecipano Davide Bosio, Paolo Anelli, Stefano Perugini e lo stesso sindaco del comune, Amedeo Fracchia, tutti fortemente legati al territorio. Sui complessivi 6 ettari di terreno ne vengono coltivati circa 3, mettendo a dimora oltre 20.000 piantine tra Granaccia, Vermentino e Scimiscià.
La vendemmia del 2020 frutta quasi 8.000 bottiglie mentre quella del 2021 ha consentito di stoccare in cantina 7.300 litri di Granaccia “Gublót”, 2.500 litri di Granaccia riserva “Drü” e 2.200 del rosè chiamato “La Rebecca”.
Gublòt nel “parlè balurd”, ossia il vecchio dialetto di Roccavignale, significa bicchiere; Drü invece è il vino riserva barricato, che vuole dire forte, e deriva dal soprannome del nonno di uno dei proprietari dei terreni che ha subito creduto nel progetto; il rosato La Rebecca, invece, prodotto dal 2022, è un omaggio alla figlia del socio Davide.
La società agricola aderisce a Vite in Riviera, una rete di imprese nata nell’Ottobre 2015 che raggruppa ben una trentina di aziende vitivinicole ed olivicole, ubicate tutte tra le provincie di Savona ed Imperia, con l’obiettivo di divulgare e promuovere i vini e gli oli liguri della Riviera di Ponente, ottenendo risultati straordinari per questa economia rurale. Dal sentiero che percorriamo, il vitigno non è l’unico elemento del territorio che si fa notare; un’ installazione imponenteraffigurante una sedia rossa dalle dimensioni abnormi si eleva sulla sommità più alta, come a voler significare: “siediti e ammira quanto abbiamo fatto per il territorio, rilassati e goditi il panorama”. Un’idea geniale nata per celebrare la prima vendemmia risalente al 2018 la quale fa il paio con un’installazione di arredo urbano fuori misura anch’essa, sita poco lontano da qui e che ovviamente visiteremo. Proseguendo il nostro cammino lungo la carrareccia, decidiamo di deviare il percorso su asfalto in direzione Montezemolo per circa 1,5 km, dove ad attenderci troveremo appunto la panchina gigante, appartenente al circuito internazionale delle “Big Bench”. Ecco che qui troviamo utile il passaporto acquistato la mattina stessa. Questo progetto, nato tra amici e vicini di casa, nel 2024 ha conquistato il cuore e la passione di migliaia di persone in tutto il mondo, offrendo la possibilità di guardare le montagne, i vigneti ed il panorama in genere, restando comodamente seduti su un pezzo di arredamento da esterni fuori scala, alto due metri e largo quattro. Le Panchine Giganti sono oggi conosciute per il loro clamoroso impatto sociale scaturito dalla diffusione delle immagini presenti sui social, perseguendo di fondo l’idea del suo ideatore, il designer statunitense Chris Bangle, ovvero quella di godersi la vista come se “si fosse di nuovo bambini”. Le panchine sono fatte per rilassarsi e accogliere uno o più amici, un divertente modo per godere dello spazio, della vista sempre diversa a seconda del momento della giornata e delle varie stagioni e soprattutto dell’originalità dellaesperienza. L’idea positiva di questo progetto ha ormai varcato i confini piemontesi da dove è nato, raggiungendo pian piano gran pare dell’Europa. Un generatore di bellezza privo di pregiudizi sociali, economici, religiosi, cucito perfettamente sull’idea della condivisione.
Nella nostra regione, ad oggi, le installazioni fruibili sono 11, site nei comuni di (ovviamente) Roccavignale - Giusvalla - Dego - Rossiglione - Campomorone - Ronco Scrivia - Busalla - Crocefieschi - Valbrevenna - Vobbia - Genova (Monte Fasce) oltre a tre in via di costruzione, che sorgeranno nei comuni di Borghetto D’Arroscia - Campo Ligure e Rapallo. Con il passaporto acquistato si ottiene la possibilità, in modo molto simpatico, di tenere traccia di quelle che si visitano facendovi apporre un timbro che attesti il nostro passaggio, reperibile in un’attività commerciale aderente all’iniziativa, solitamente dislocata nelle immediate vicinanze (nel nostro caso si tratta dello stesso “Snake bar” dove abbiamo comprato il passaporto dal costo di 10 euro).
Il design delle Big Bench è protetto da copyright e viene concesso a titolo gratuito per la realizzazione di una panchina gigante a coloro che ne fanno richiesta a condizione che si rispettino gli elementi che caratterizzano in toto la visione di Chris.
Se anche voi voleste costruire una Big Bench in un posto a voi caro, sul sito web www.bigbenchcommunityproject.org troverete la sezione dedicata per inviare la candidatura di una location.
Consumato il nostro pranzo al sacco e rifocillata la borraccia ritorniamosul percorso ripercorrendo lo stesso tratto di asfalto dell’andata, fino ad addentrarci nel borgo abitato della frazione Strada, molto caratteristico. In alcuni angoli ai lati delle case troviamo stoccati in modo molto ordinato alcuni attrezzi agricoli appartenuti alle famiglie contadine di un tempo, come aratri, frese, falci e piccola oggettistica quotidiana.
Questi vicoli furono interessati, nel 1796, dal passaggio devastante di Napoleone Bonaparte quando, dopo lo sfondamento della linea difensiva di Cosseria passò a Roccavignale, dacui si apprestò ad invadere la Val Tanaro. Proprio in quell’occasione le sue truppe diedero fuoco alla borgata di Strada dove, ancora oggi, nelle abitazioni più antiche, sono ben visibili i segni dell’incendio.
Usciti dalla borgata ci immettiamo per un breve tratto sulla provinciale per seguire le indicazioni castello/laghi del dolmen che incroceremo sulla sommità del torrente Zemola, in prossimità di un viadotto.
Il sentiero si sviluppa in forte discesa tra la boscaglia caratteristica delle zone umide e siamo sinceri nel dire che non è molto ben tenuto.
La traccia, che risulta non essere così evidente, è molto intuitiva e ci porterà ben presto a raggiungere il vicino cimitero comunale. Un cimitero come tanti che riserva però una singolare zona dedicata agli animali d’affezione -esterna al camposanto- che non possiamo non andare a vedere. Bobby, Spank, Billy, Theo, sono solo alcuni dei nomi incisi sulle lapidi degli amici a quattro zampe che qui sono sepolti; personalmente facciamo un plauso all’amministrazione che ha saputo ritagliare un posto per far riposare per sempre questi animali da compagnia.
Oltrepassato il castello Carrettesco, il cui nucleo originario risalente al XII secolo funse da confine fra il marchesato di Ceva e la marca di Savona (tuttora segna il confine amministrativo tra Liguria e Piemonte), entriamo nella zona dei laghetti del dolmen, un’area dedicata alla pesca sportiva costituita da due piccoli invasi artificiali, uno dedicato alla pesca alle trote e l’altro adibito alla pesca no kill, nel quale è possibile pescare storioni, carpe e pesci gatto.
Il riferimento “del dolmen” deriva dalla presenza di una costruzione in pietra a pianta rettangolare, le cui pareti laterali sono formate da quattro massi verticali su cui poggia un masso orizzontale con funzione di tetto. Si è a lungo dibattuto sulle origini di questa struttura, che in passato i contadini adibirono a deposito, ma la tecnica costruttiva risulta ascrivibile alla cultura megalitica, la quale ha già lasciato segni evidenti in questa porzione di Val Bormida.Ci avviamo alla chiusura del nostro anello passando per un’area giochi di dimensioni notevoli e ri-accediamo al posteggio dove abbiamo lasciato la nostra auto, non prima di esserci fermati a fare acquisti nella cantina dell’azienda RoccaVinealis. Cin-cin e salute a Voi, cari trekkinatori ma ricordatevi di non bere prima di mettervi alla guida!